Se esistesse un premio per il miglior ossimoro ambientale, McDonald’s sarebbe già in pole position, sorridente con il suo clown di plastica e il sacchetto biodegradabile in mano. La notizia è questa: la quarta edizione di “Insieme a te per l’ambiente” ha visto oltre 6.000 volontari raccogliere 13 tonnellate di rifiuti in tutta Italia. Numeri che fanno effetto, sì, e immagini che scalderanno cuori e comunicati stampa. Eppure, a guardarli meglio, non sai se applaudirli o chiederti in quanti anni siano riusciti a spargere tutta quella spazzatura che ora raccolgono con tanto entusiasmo.
Non è cinismo, sia chiaro. È solo il riflesso della realtà: McDonald’s raccoglie i rifiuti, ma intanto produce packaging come se non ci fosse un domani. E lo fa con la benedizione del marketing, trasformando la più banale delle operazioni di pulizia in un evento dal sapore green, un tocco di vernice ecologica sulla faccia del colosso dei fast food. Il messaggio è chiaro: “noi sporchiamo, noi puliamo, voi ci amate”. Un ciclo perfetto, quasi romantico, se non fosse che la spazzatura raccolta oggi è quella che probabilmente troveremo domani, sempre loro, sempre lì, nascosta dietro un cartoccio di patatine e una cannuccia di carta che non serve a nulla.
13 tonnellate: il peso della retorica
Partiamo dai numeri, perché i numeri sono importanti. 6.000 volontari in tutta Italia, 13 tonnellate di rifiuti. Che fanno? Circa 2 chili a testa. Numeri che impressionano solo finché non ti rendi conto di cosa rappresentano: 13.000 chili di lattine, cartacce, bicchieri e confezioni monouso abbandonate ovunque. Certo, i volontari sono ammirevoli, niente da dire. Uomini, donne, ragazzi armati di guanti e sacchi neri che scendono in strada a raccogliere lo schifo che altri hanno lasciato. E McDonald’s, dal canto suo, sorride e dice: “Siamo con voi”.
Ma, domanda: non sarebbe meglio evitare che questa spazzatura finisca per terra? Siamo davvero arrivati al punto di dover glorificare chi raccoglie ciò che non dovrebbe essere abbandonato? È come se qualcuno ti prendesse a pugni e poi ti offrisse un cerotto: carino, sì, ma forse il problema è a monte.
McDonald’s e il marketing verde
Dobbiamo parlare di questo. “Insieme a te per l’ambiente” non è un atto di pura filantropia: è un colpo di marketing di quelli che funzionano. Perché, ammettiamolo, McDonald’s è un gigante. Una multinazionale che sforna milioni di hamburger al giorno e che, contemporaneamente, riesce a vendersi come paladino dell’ambiente. È geniale nella sua spudoratezza: trasforma la contraddizione in valore, la colpa in virtù. Produce montagne di rifiuti? Certo, ma raccoglie anche 13 tonnellate. Problema risolto, no?
Ma il problema non è risolto. È nascosto dietro una patina di buone intenzioni. La plastica monouso è ancora ovunque, e la carta, tanto celebrata, non basta a risolvere un sistema che vive di spreco. Perché McDonald’s, come tutto il fast food, è fondato su un’idea semplice: usa, consuma, butta via. E finché questa mentalità non cambierà, la raccolta dei rifiuti sarà solo una pezza su una ferita aperta.
L’ipocrisia di chi sporca e poi applaude
C’è un’immagine che mi ossessiona: la famiglia perfetta, seduta a un tavolino di McDonald’s, con le facce sorridenti dei bambini che addentano il loro panino. Accanto, però, un cassonetto straripante, un sacchetto abbandonato sul marciapiede, una confezione gettata nel parco. La stessa gente che oggi raccoglie i rifiuti potrebbe aver contribuito ieri a disperderli. Ed è qui che sta il punto: raccogliere è importante, ma non basta. Serve educazione, serve consapevolezza, serve la volontà di andare oltre il gesto simbolico.
Perché il vero cambiamento non lo fanno 6.000 volontari in un giorno di sole. Lo fanno milioni di persone che scelgono ogni giorno di comportarsi diversamente. Che rinunciano al monouso, che fanno la raccolta differenziata, che smettono di considerare la Terra come una discarica a cielo aperto. Il resto è solo retorica.
Il paradosso del fast food: velocità e spreco
Parliamoci chiaro: il fast food è il simbolo perfetto di questa società. Velocità, consumo, spreco. Non c’è tempo per pensare, non c’è tempo per rallentare. Prendi il tuo hamburger, mangia in fretta e butta via tutto. E il ciclo si ripete. È un modello di consumo insostenibile, che sta strangolando il pianeta mentre ci fa credere di essere felici. McDonald’s lo sa, e sa anche come giocare le sue carte: con campagne ecologiche, con iniziative come questa, che fanno dimenticare – per un attimo – il vero problema.
Ma noi, spettatori di questa commedia, possiamo davvero farci fregare così facilmente? Possiamo davvero applaudire un’azienda che raccoglie 13 tonnellate di rifiuti senza chiederci quanti ne ha prodotti? Possiamo permetterci di non vedere l’ipocrisia dietro al sorriso del clown?
I volontari: eroi senza medaglia
E poi ci sono loro, i volontari. 6.000 persone che hanno dedicato il loro tempo per pulire le città, le strade, i parchi. A loro va il vero applauso, perché sono la dimostrazione che qualcosa si può fare. Ma sono anche il sintomo di un fallimento: se c’è bisogno di volontari per raccogliere rifiuti, significa che qualcosa non funziona. Significa che manca l’educazione, mancano i controlli, manca un sistema che impedisca lo spreco alla radice.
E allora, più che ringraziare McDonald’s per aver organizzato questa iniziativa, dovremmo ringraziare chi ha avuto il coraggio di sporcarsi le mani. Perché loro, i volontari, sono l’unico aspetto pulito di questa storia.
Il cambiamento vero: meno rifiuti, più responsabilità
Alla fine, il punto è uno solo: non dobbiamo limitarci a raccogliere i rifiuti. Dobbiamo evitare che vengano prodotti. È una rivoluzione che richiede tempo, impegno e volontà politica. Richiede aziende che facciano scelte coraggiose, consumatori che cambino abitudini, cittadini che si prendano le proprie responsabilità.
McDonald’s, con questa iniziativa, ha fatto il suo show. Ha raccolto, ha pulito, ha guadagnato visibilità. Ma il vero cambiamento è un’altra cosa. È smettere di produrre packaging inutili. È investire in soluzioni sostenibili, non solo in campagne di marketing. È dimostrare che l’ambiente non è una scusa, ma una priorità.
Perché se continuiamo così, l’anno prossimo raccoglieremo altre 13 tonnellate di rifiuti. E il prossimo ancora. E applaudiremo, come sempre, mentre il mondo affonda sotto il peso della nostra indifferenza.