Inverno Demografico: L’Italia Scompare Sotto il Tappeto del Vaticano

Il Papa parla. E quando parla, tutti ascoltano. Questa volta, però, non si tratta di dogmi o preghiere: il Pontefice ha deciso di lanciarsi nel dibattito sull’inverno demografico italiano. Lo ha fatto durante l’Angelus, con toni solenni, dicendo che il calo delle nascite è “una tragedia contro il futuro del Paese”. Bene, grazie, Santità. Ma non sarebbe più utile chiedersi perché in Italia mettere al mondo un figlio è diventato un atto di eroismo? O forse il Vaticano, con i suoi palazzi e tesori, ha perso il contatto con la realtà?

La solita diagnosi, senza cura

Partiamo dai numeri, che non mentono mai, anche se chi li commenta spesso sì. L’Italia è tra i Paesi con il tasso di natalità più basso al mondo: meno di 1,3 figli per donna, molto lontano da quel 2,1 necessario per mantenere la popolazione stabile. E mentre il Papa recita la sua preoccupazione dal balcone di San Pietro, nel resto del Paese ci si barcamena tra stipendi insufficienti, contratti precari e un welfare che sembra progettato per scoraggiare qualsiasi velleità genitoriale.

La Chiesa cattolica, però, punta il dito contro la “cultura dello scarto”, contro l’egoismo moderno, contro una società che preferisce il piacere personale alla responsabilità. Ma mai, e dico mai, che si alzi una voce contro le vere cause del problema: il lavoro che manca, gli stipendi ridicoli, gli affitti da capogiro. E vogliamo parlare dei costi per crescere un figlio? Il Vaticano sa quanto costa un pacco di pannolini?

Mettere al mondo un figlio, un lusso per pochi

Mettere al mondo un bambino in Italia, oggi, è come prenotare una suite a cinque stelle a Dubai: un lusso che pochi possono permettersi. Non bastano più amore e coraggio; servono soldi, e tanti. Dalla gravidanza, tra visite mediche e acquisti per il neonato, fino all’educazione, crescere un figlio è un percorso ad ostacoli finanziari.

E chi ci aiuta? Lo Stato? Non scherziamo. Le misure a sostegno delle famiglie sono un patchwork di incentivi temporanei e insufficienti. Le aziende? Forse in un altro universo. In Italia, una donna che annuncia di essere incinta è spesso trattata come un problema, non come una risorsa. E allora, Santità, invece di declamare tragedie, non sarebbe il caso di fare pressione sui governi, sui datori di lavoro, sul sistema che rende impossibile pensare al futuro?

Le radici del problema

Il problema non è culturale, come piace ripetere a certi ambienti conservatori. Il problema è materiale. Il lavoro è instabile, gli stipendi sono bassi, le città sono inaccessibili per chi ha figli. Eppure, invece di parlare di questi temi, si preferisce puntare il dito contro il “declino morale” della società.

Ma chi può permettersi il lusso di fare figli senza un minimo di sicurezza? Non certo i giovani, che vivono in un precariato cronico. Non certo le donne, che devono scegliere tra carriera e famiglia perché il sistema non offre alternative. E di certo non le famiglie che vivono con un solo stipendio, quando va bene.

Un sistema che non funziona

Guardiamo il quadro generale: in Italia, il costo della vita è in aumento, i servizi pubblici sono al collasso e il welfare familiare è una barzelletta. Mentre in altri Paesi europei le politiche di sostegno alle famiglie funzionano, da noi ogni incentivo sembra pensato per essere il meno efficace possibile.

L’asilo nido? Un miraggio. Gli aiuti per l’acquisto di casa? Una farsa. La conciliazione tra lavoro e famiglia? Inesistente. In queste condizioni, l’unico inverno che vediamo non è demografico: è glaciale, ed è quello del disinteresse dello Stato per il futuro del Paese.

La retorica della Chiesa

E torniamo al Papa. Il Vaticano, con le sue enormi risorse e il suo immenso potere, potrebbe fare molto di più che limitarsi a declamare preoccupazioni. Potrebbe promuovere politiche reali, sostenere iniziative concrete, smettere di vivere in una bolla di privilegi. Ma è più facile fare sermoni dal pulpito, più facile dare lezioni che sporcarsi le mani.

Quando si tratta di famiglia, la Chiesa sembra ancora ferma a un’idea romantica e antiquata, lontana anni luce dalla realtà di oggi. Parla di valori, ma ignora le difficoltà pratiche. Parla di tradizione, ma non sa adattarsi ai tempi. E soprattutto, parla tanto, ma fa poco.

Cosa si potrebbe fare?

Per combattere davvero l’inverno demografico, servono azioni, non parole. Servono politiche fiscali che incentivino le nascite, servizi che sostengano le famiglie, un sistema che renda il lavoro stabile e ben retribuito. Servono asili gratuiti, scuole efficienti, aiuti concreti per chi decide di avere figli.

E servirebbe, forse, anche una Chiesa che si sporca le mani, che usa il suo potere per fare pressione sui governi, che mette a disposizione le sue risorse per aiutare chi ne ha bisogno. Ma forse stiamo chiedendo troppo a un’istituzione che sembra più interessata a preservare se stessa che a cambiare davvero le cose.

La realtà che non si vuole vedere

La verità è che il calo demografico è solo un sintomo. Il vero problema è un sistema che non funziona, un Paese che non investe nel futuro, una società che lascia i giovani a marcire nel precariato. E finché non si affronteranno queste questioni, il tasso di natalità continuerà a scendere, nonostante i proclami del Papa e le buone intenzioni dei politici.

Svegliamoci dal torpore

L’inverno demografico non si combatte con le prediche. Si combatte con le azioni. Con politiche concrete, con investimenti, con un cambiamento radicale del sistema. E si combatte anche con una Chiesa che smette di fare la morale e inizia a fare la sua parte. Fino ad allora, possiamo continuare a parlare, a lamentarci, a preoccuparci. Ma il futuro dell’Italia rimarrà sempre più freddo e desolato.

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