La Giornata Internazionale dell’Anticorruzione: La Farnesina e le Grandi Parole

C’è qualcosa di poeticamente ironico nel celebrare la Giornata Internazionale Anticorruzione. Soprattutto quando lo si fa in Italia, il Paese che ha trasformato la corruzione in un’arte, quasi un tratto culturale. Eppure, presso la Farnesina, il 9 dicembre, si è tenuto un evento dal titolo altisonante: “La Diplomazia Giuridica come direttrice di politica estera. Il contrasto alla corruzione ed al crimine organizzato transnazionale. L’impegno dell’Italia”.

Un titolo così lungo da sembrare progettato per distrarre dalle domande vere: cosa si sta realmente facendo per combattere la corruzione? O siamo qui solo per ascoltare discorsi solenni, applaudire qualche ambasciatore e tornare a casa con la sensazione che qualcosa sia stato detto, ma niente sia stato fatto?

La Farnesina e l’anticorruzione: un binomio curioso

Partiamo dal luogo. La Farnesina, sede del Ministero degli Esteri italiano, è uno di quei palazzi che ispirano riverenza e sospetto in egual misura. È il simbolo della politica estera, delle grandi strategie globali e, talvolta, dei piccoli sotterfugi. Quindi, tenere qui un evento sull’anticorruzione è già un colpo di teatro. È come organizzare un seminario sui diritti degli animali in un macello: ti chiedi subito se sia una provocazione o un lapsus.

Al centro dell’evento c’era un concetto interessante: la diplomazia giuridica. In sostanza, si tratta di usare strumenti legali per combattere fenomeni globali come la corruzione e il crimine organizzato. Un’idea affascinante, certo, ma anche ambiziosa. Perché, diciamolo chiaramente, il crimine organizzato non è famoso per rispettare le regole. Parlare di diplomazia giuridica con i grandi cartelli della droga o le mafie transnazionali è come invitare un pirata a una conferenza sulla legalità marittima.

Eppure, l’Italia si presenta come un leader in questa lotta, mettendo in evidenza le sue leggi, le sue inchieste e il suo impegno internazionale. È un bel discorso. Ma mentre i diplomatici si congratulano a vicenda, i clan di mezzo mondo stanno già adattando i loro schemi criminali, dimostrando ancora una volta di essere più veloci della burocrazia.

L’impegno dell’Italia: tra successi e ipocrisie

Va detto: l’Italia ha una lunga tradizione di lotta alla corruzione. Operazioni come “Mani Pulite” hanno segnato un’epoca, e leggi innovative hanno colpito duramente le mafie. Ma c’è un problema. Ogni volta che l’Italia fa un passo avanti, sembra anche fare due passi indietro. Per ogni inchiesta che smaschera una rete di corruzione, ne emerge un’altra ancora più intricata. Per ogni condanna eccellente, c’è una prescrizione che annulla tutto. E mentre la politica si riempie la bocca di impegno e trasparenza, i fatti raccontano un’altra storia.

Prendiamo l’impegno “internazionale”. Sì, l’Italia è in prima linea nella lotta al crimine organizzato globale. Ma è anche uno dei Paesi più colpiti dalla corruzione endemica. Come possiamo insegnare al mondo a combattere la corruzione se non riusciamo a sradicarla in casa nostra?

La retorica contro la realtà

E qui arriva la parte interessante: la retorica. Durante l’evento alla Farnesina, sono stati pronunciati discorsi eloquenti sull’importanza della trasparenza, sulla necessità di collaborare a livello internazionale e sull’urgenza di affrontare il crimine organizzato come una minaccia globale. Parole forti, ispiratrici. Ma quante di queste si trasformeranno in azioni concrete?

Perché la corruzione, quella vera, non si combatte con i discorsi. Si combatte con i fatti: leggi chiare, processi rapidi, pene severe. Si combatte con un sistema che non premia i furbi e non penalizza gli onesti. Ma tutto questo richiede coraggio politico, e il coraggio politico non è esattamente una qualità abbondante nella classe dirigente italiana.

Il crimine organizzato: un nemico globale

Un altro tema centrale dell’evento era il crimine organizzato transnazionale. Un problema reale, che richiede soluzioni globali. Le mafie non si fermano ai confini nazionali: operano a livello internazionale, sfruttando i punti deboli dei sistemi legali e finanziari.

Ma qui arriva il paradosso: mentre parliamo di combattere il crimine organizzato, molti dei paradisi fiscali dove questi criminali nascondono i loro soldi sono protetti da Paesi che partecipano a questi stessi eventi. È un po’ come giocare una partita di calcio con arbitri che sono anche azionisti delle squadre in campo.

Le grandi domande: e ora?

E così, alla fine dell’evento, resta una domanda: cosa cambierà davvero? La Farnesina ha ospitato un evento importante, ha messo in luce problemi cruciali, ha presentato iniziative promettenti. Ma tutto questo sarà sufficiente?

Perché la verità è che la corruzione e il crimine organizzato non si combattono con una giornata di celebrazioni. Non bastano i bei discorsi, le strette di mano e le foto di gruppo. Serve un impegno costante, quotidiano. Serve un sistema che premi gli onesti e punisca i corrotti, senza eccezioni, senza favoritismi, senza scuse.

L’evento alla Farnesina è stato un’occasione importante per riflettere sulla lotta alla corruzione e al crimine organizzato. Ma è solo l’inizio. La vera battaglia si combatte fuori dai saloni dorati, nelle aule di tribunale, nei consigli comunali, nei parlamenti. Si combatte ogni volta che un cittadino denuncia un abuso, ogni volta che un giudice condanna un colpevole, ogni volta che una legge viene applicata in modo giusto ed equo.

E allora, forse, un giorno potremo davvero celebrare una Giornata Internazionale dell’Anticorruzione con meno parole e più fatti. Ma fino ad allora, ci accontenteremo di eventi come questo: utili, certo, ma anche un po’ ironici. Perché parlare di anticorruzione in un mondo corrotto è sempre un esercizio di speranza… e di umorismo nero.

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