La Patagonia argentina è in fiamme. Un inferno di cenere, fumo e foreste che si dissolvono nel nulla, mentre il mondo, come sempre, guarda con la solita espressione di falsa sorpresa. Perché alla fine, gli incendi in Argentina, in Australia, in Canada o in California sono sempre la stessa storia: catastrofi ambientali prevedibili, alimentate dall’avidità umana e dall’incuria di chi dovrebbe prevenirle.
Fiamme, evacuazioni e un disastro che non fa più notizia
Negli ultimi giorni, le province argentine di Río Negro, Neuquén e Chubut sono diventate un’immensa fornace. Oltre 15.000 ettari di foresta sono stati ridotti in cenere, più di 500 famiglie evacuate, almeno 120 abitazioni distrutte e una vittima accertata. Le immagini che arrivano dal comune di El Bolsón sembrano scene da un’apocalisse naturale: paesaggi verdissimi trasformati in lande desolate, persone che abbandonano le proprie case con quel senso di impotenza che ormai è la norma.
E come sempre, dopo il disastro, arriva il grande classico della narrazione politica: “Le condizioni climatiche hanno reso impossibile fermare le fiamme”. Ah, la colpa è del vento, della siccità, della pioggia che non arriva… Mai che qualcuno ammetta che la vera ragione sta nella totale mancanza di prevenzione e nelle politiche scellerate che hanno devastato il territorio.
Gli incendi non sono (solo) colpa della natura
E qui arriva il bello: si sospetta che molti di questi incendi siano dolosi. Ma va? Davvero? Perché mai qualcuno dovrebbe dare fuoco a un bosco, se non per il solito, vecchio, squallido motivo del profitto? Deforestazione per far spazio ad allevamenti, speculazione edilizia, o più semplicemente, il “caso fortuito” che permette a qualche imprenditore senza scrupoli di mettere le mani su terreni un tempo protetti.
Il Parco Nazionale Lanín, una delle aree più colpite, è una riserva naturale di straordinaria biodiversità, e ora è un ammasso di legna bruciata. Le comunità indigene mapuche, che da secoli vivono in equilibrio con la natura, hanno dovuto abbandonare le proprie terre, mentre il resto del mondo continua a fingere di non vedere.
La retorica dell’eroismo: pompieri e volontari contro un sistema fallito
In ogni disastro, c’è una costante: le vere vittime, quelle che ci rimettono tutto, sono anche le uniche che cercano di rimediare. Più di 400 persone, tra vigili del fuoco, militari e volontari, stanno lottando per spegnere gli incendi con mezzi spesso ridicoli rispetto all’entità della catastrofe.
I media ci raccontano la storia degli “eroi”, di quelli che combattono il fuoco con le mani, dell’impegno straordinario delle persone comuni. E certo, l’eroismo è sempre commovente. Ma non è quello il punto. Il punto è che non dovremmo trovarci in questa situazione. Perché un incendio di queste dimensioni non è una fatalità. È il risultato di anni di mancata gestione del territorio, di disinteresse politico e di incapacità nel prevenire i disastri.
Quando l’ambiente è un lusso per ricchi
Il problema è che parlare di crisi ambientale sembra sempre qualcosa di astratto, di lontano. Qualcosa che riguarda solo gli attivisti, gli scienziati, quelli che si preoccupano troppo. Ma poi, quando le foreste bruciano, quando le città diventano invivibili per il caldo e la siccità, quando i disastri diventano routine, allora forse iniziamo a capire.
Solo che c’è un piccolo problema: quando ci renderemo conto della gravità della situazione, sarà troppo tardi. E lo è già. L’aria è sempre più tossica, le risorse naturali sempre più scarse, gli eventi climatici estremi sempre più frequenti. Ma la politica, le aziende, le grandi istituzioni continuano a giocare la carta dell’attesa. Perché chi governa oggi non pagherà le conseguenze domani.
L’Argentina brucia, il mondo si accorge solo quando conviene
La Patagonia è in fiamme, ma diciamocelo chiaramente: a livello globale, non frega niente a nessuno. Non è l’Amazzonia, non è la California, non è abbastanza “strategica” per attirare una copertura mediatica costante. Le immagini dei boschi in fiamme non hanno la stessa carica emotiva di una città che brucia.
Eppure, quello che sta succedendo in Argentina è solo l’ennesima manifestazione di un problema globale che non guarda in faccia nessuno. Oggi è la Patagonia, domani sarà l’Australia, il Canada, la Grecia, il Sud Italia. Il disastro climatico non ha confini, non ha pietà, non fa distinzione tra ricchi e poveri.
Il giorno in cui smetteremo di sorprenderci
Ogni volta che un incendio devasta un pezzo di mondo, leggiamo gli stessi titoli, ascoltiamo le stesse dichiarazioni, vediamo le stesse immagini. E ogni volta ci sorprendiamo, come se fosse la prima volta.
Ma non lo è. Ed è proprio questa la tragedia più grande: non è più una notizia, è solo la nuova normalità.