L’Ucraina in saldo: Trump e il piano per una pace che costa più della guerra

La guerra è sempre una faccenda sporca, ma la pace, a volte, lo è ancora di più. E Donald Trump, con il suo inconfondibile senso degli affari, ha deciso che il prezzo per la stabilità in Ucraina non è un generico cessate il fuoco, bensì un affare multimiliardario in cui Kiev,invece di vincere la libertà, cede metà della sua economia. Non più una guerra tra stati, ma tra capitali: Washington, in cambio del sostegno militare, vuole le chiavi delle risorse naturali ucraine. Petrolio, gas, terre rare, infrastrutture strategiche: tutto nero su bianco, tutto già conteggiato.

Quando la guerra diventa una multinazionale

La notizia arriva dal Telegraph, che ha pubblicato una bozza del contratto che l’amministrazione Trump ha fatto recapitare a Zelensky: un pre-accordo che prevede un investimento congiunto tra Washington e Kiev per “gestire” la ricostruzione del Paese. Ma “gestire” è un eufemismo elegante per dire “decidere chi ci guadagna e chi no”. Il fondo avrà infatti diritto esclusivo sulle licenze per l’estrazione di minerali, petrolio e gas, stabilendo con chi l’Ucraina potrà fare affari.

In sintesi: gli Stati Uniti avranno il controllo economico di una nazione devastata dalla guerra, garantendosi il 50% delle entrate su tutto ciò che verrà estratto dal sottosuolo. Il che, tradotto in linguaggio meno diplomatico, significa “noi vi salviamo, ma poi le regole le facciamo noi”.

Il prezzo della libertà è un cartellino da 500 miliardi di dollari

Trump non si nasconde dietro frasi di circostanza. “Abbiamo dato all’Ucraina tra i 300 e i 350 miliardi di dollari di aiuti. Voglio l’equivalente di 500 miliardi di dollari in risorse naturali”, ha dichiarato senza mezzi termini a Fox News. Niente retorica sulla democrazia, sulla difesa dell’Occidente o sulla lotta per la libertà: solo numeri, cifre e profitti.

D’altronde, chi conosce Trump sa che non è il tipo da fare beneficenza. Non si tratta di una questione morale, ma di un classico scambio tra potere e denaro. E il tycoon non ha alcuna intenzione di essere il benefattore di una guerra che non gli porta ritorni. Gli Stati Uniti, nella visione trumpiana, non sono la croce rossa internazionale, ma un’azienda che deve rientrare dell’investimento.

Un Trattato di Versailles in versione Wall Street

Il paragone che emerge dalla bozza del contratto è pesante: se le condizioni venissero accettate, l’Ucraina subirebbe un’imposizione economica più pesante di quella della Germania dopo la Prima guerra mondiale. Il Telegraph ha calcolato che la richiesta di Trump equivarrebbe a una quota del PIL ucraino superiore alle riparazioni imposte alla Germania dal Trattato di Versailles del 1919. E il Trattato di Versailles, giusto per rinfrescare la memoria, è stato quello che ha gettato le basi per la Seconda guerra mondiale.

E non è finita qui: questo accordo è persino più punitivo delle sanzioni finanziarie imposte a Germania e Giappone dopo la Seconda guerra mondiale. Con una differenza sostanziale: in quegli anni, gli alleati aiutarono davvero i paesi sconfitti a risollevarsi. Qui, invece, l’Ucraina dovrebbe pagare prima ancora di poter ricostruire.

La Russia osserva e ride (o forse no)

Tutta questa operazione ha una conseguenza inevitabile: se Trump costringe l’Ucraina a cedere metà della sua economia agli Stati Uniti, Vladimir Putin potrebbe avere gioco facile nel dipingere Kiev come una colonia occidentale. Anzi, probabilmente sta già stampando volantini propagandistici con lo slogan “Ecco cosa vi ha portato l’Occidente”.

Non è difficile immaginare il Cremlino sfruttare questa bozza per dimostrare ai russi (e ai suoi alleati internazionali) che gli Stati Uniti non aiutano mai per puro interesse umanitario, ma sempre e solo per guadagnarci qualcosa. Ed è difficile dargli torto.

Zelensky ha fatto male i conti?

A rendere la situazione ancora più paradossale è il fatto che Zelensky aveva proposto agli USA di entrare nel settore minerario ucraino mesi fa, con l’idea di coinvolgere aziende americane nella ricostruzione. Una strategia che, sulla carta, avrebbe dovuto creare un legame economico tra Washington e Kiev, rendendo l’Ucraina un alleato troppo prezioso per essere abbandonato.

Ma c’è un problema: Trump non fa affari su promesse vaghe. Ha preso la proposta di Zelensky e l’ha trasformata in un contratto-capestro, in cui gli Stati Uniti non sono più partner, ma padroni. Washington si prende tutto e decide con chi l’Ucraina potrà collaborare, chi potrà estrarre risorse e come verranno distribuite le licenze.

L’Europa? Un fantasma

E mentre gli Stati Uniti e la Russia giocano la loro partita, l’Europa sta a guardare. O meglio, l’Europa si affanna a inviare aiuti e a parlare di “pace giusta” mentre gli Stati Uniti trasformano l’Ucraina in un feudo economico. Mattarella ha detto che “la Russia deve tornare ad avere un ruolo di rilievo, ma nel rispetto della sovranità degli Stati”.

Sovranità? Quella ucraina sembra essere ormai solo sulla carta. Se accetta il contratto di Trump, diventa economicamente dipendente dagli USA. Se rifiuta, rischia di perdere il supporto americano e di trovarsi da sola a fronteggiare Mosca. Un bel dilemma esistenziale, quello in cui l’Europa continua a non avere un vero ruolo.

Un’Ucraina libera, ma a che prezzo?

Alla fine, questa bozza dimostra che la libertà ha sempre un costo. La domanda è: quanto è giusto far pagare a chi lotta per sopravvivere? Trump non è un idealista, non è un pacificatore, non è un presidente che crede nelle alleanze disinteressate. È un uomo d’affari che applica le regole del mercato alla geopolitica.

E se l’Ucraina vuole mantenere il supporto americano, deve pagare. Con i suoi minerali, con il suo petrolio, con il suo futuro economico. Perché, in questa storia, la morale è sempre la stessa: la guerra può anche finire, ma il vero vincitore è sempre chi controlla il denaro.

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